Con
il termine Organismo Geneticamente Modificato (
OGM)
si intendono quegli organismi in
cui parte del
genoma sia stato modificato tramite le
moderne tecniche di ingegneria genetica.
Nella fattispecie ci si riferisce a
organismi che hanno subito modificazione,
inserimento o
rimozione di geni.
Il
primo OGM moderno fu ottenuto nel 1973
dai ricercatori Stanley Norman Cohen e Herbert Boyer
negli Stati Uniti. Da
allora ad
oggi gli OGM sono passati dallo stato di mera possibilità tecnologica ad
una realtà,
sebbene le
uniche piante geneticamente modificate attualmente coltivate nell’ambiente naturale e
commercializzate siano soia,
cotone,
colza e
mais.
Parallelamente all’avvio delle prime
ricerche si è anche scatenato il dibattito intorno ai presunti e
molteplici rischi di una simile
tecnologia. Le
controversie si sono riacutizzate in
corrispondenza di un
episodio avvenuto lo
scorso mese di giugno in Italia.
Un
imprenditore agricolo friuliano, Giorgio
Fidenato, al
termine di una battaglia legale durata circa
tre anni e forte del
dissequestro del
suo campo e
della recente ordinanza della Corte di Giustizia Europea che richiama l’Italia al
rispetto delle norme vigenti in
materia a
livello Europeo, ha
avviato la
coltivazione del
famigerato mais Mon 810,
ovvero mais geneticamente modificato. Per
tutelare la salute
dell’ambiente e
dei consumatori Greenpeace, in
risposta all’iniziativa di Giorgio
Fidenato, ha
lanciato una petizione per
chiedere al
Ministro della Salute
Lorenzin di adottare misure di emergenza in
grado di vietare ogni forma
di coltivazione di OGM a
tutela degli ecosistemi e
della nostra agricoltura.
Ma
proviamo a
vedere nel dettaglio quali sono i
potenziali rischi derivanti dalla coltivazione di prodotti che hanno subito modificazioni genetiche con
l’obiettivo di migliorarne resa, performance e
resistenza. I
rischi sono di diversa natura e
riguardano l’ambiente, la salute
dell’uomo,
l’economia mondiale e in
senso più ampio anche la
società civile.
Rischio di contaminazione dei campi coltivati, ovvero la
diffusione accidentale di semi o
polline di OGM verso
coltivazioni convenzionali o
biologiche adiacenti che,
nel caso presentassero quantità significative di OGM nel raccolto, non
potrebbero più certificarsi come
prodotti non-OGM,
generando delle perdite economiche oltre a
possibili contenziosi legali per
danni tra i
produttori.
Secondo la
normativa europea un
prodotto,
anche biologico,
può essere considerato non-OGM solo se
presenta un
contenuto di materiale geneticamente modificato al
di sotto
dello 0.9%.
Inquinamento genetico, ovvero il rischio derivante dal fatto che,
una volta rilasciato in
natura, un
nuovo organismo creato dall’ingegneria genetica potrebbe essere in
grado di interagire con
altre forme di vita con
effetti distruttivi,
riprodursi,
trasferire le sue
caratteristiche e
mutare in
risposta alle sollecitazioni ambientali.
Resistenza agli insetticidi naturali, ovvero il rischio di creare un
ambiente favorevole allo sviluppo di una resistenza da parte di insetti e
parassiti. Un
esempio aiuta senz’altro a
comprendere il meccanismo:
il Bacillus
thuringensis (
Bt)
è un
batterio del
suolo che produce
una tossina insetticida. E’
molto apprezzato dagli agricoltori biologici come
insetticida naturale,
efficace e
sicuro.
Adesso però,
alcune piante sono state
manipolate con
il gene
della tossina del
Bt cosicché esse dispongono della capacità di produzione dell'insetticida nel proprio corredo genetico. Il
problema è che la
tossina è prodotta per
tutto il tempo
della loro crescita.
Questo significa che gli insetti sono continuamente esposti alla tossina e
sono perciò nelle condizioni "
favorevoli"
allo sviluppo di una resistenza.
Riduzione della biodiversità, ovvero il rischio della sensibile riduzione del numero
di specie, animali e vegetali,
nell’ambiente naturale (
ogni anno
si estinguono almeno 30.000 specie viventi). L'introduzione
di specie estranee all'ambiente
è una delle maggiori cause
di dissesto ecologico e riduzione
della biodiversità e dunque
ogni organismo geneticamente modificato altro non
è che una "nuova specie" introdotta nell’ecosistema e
che rischia
di compromettere
gli equilibri
naturali del pianeta.
Rischi per la salute dei consumatori, ovvero l’eventualità che vengano accidentalmente generati e quindi introdotti nell’alimentazione umana agenti allergenici e tossici per la salute dell’uomo. Manipolare geneticamente un organismo vuol dire passare ad esso una molecola di DNA che gli permette di produrre una proteina che prima non era in grado di fabbricare. Noi ci nutriamo da sempre di proteine ma esse possono essere "rifiutate" dal nostro organismo scatenando quella che chiamiamo "reazione allergica" o allergia. Oltre al rischio di allergenicità, esiste la possibilità che batteri normalmente innocui possano trasformarsi in patogeni pericolosi per l'uomo a causa dell'introduzione in essi di geni della resistenza agli antibiotici, o in grado di produrre tossine e agenti cancerogeni.
Incremento dell'antibiotico-resistenza, dovuto alla diffusione nell'ambiente di organismi geneticamente modificati che, contenendo un gene che conferisce la resistenza agli antibiotici, comporta un rischio di trasferimento della resistenza a batteri, anche patogeni. La rapida diffusione osservata in anni recenti di numerose forme di antibiotico-resistenza tra i batteri è una problematica di sanità pubblica che ha sollevato un ampio dibattito e per la quale numerose misure di prevenzione sono state messe in atto a livello internazionale e che rischia di essere acuita e accelerata dal fenomeno OGM.
Brevetti sui prodotti alimentari e quindi il rischio della dipendenza dalle multinazionali del cibo. Poiché gli OGM sono coperti da brevetto industriale, per potere accedere alla loro coltivazione è necessario pagare delle royalty, ovvero acquistare ogni anno la semenza e quindi poi di conseguenza diserbanti e concimi specifici per quel determinato prodotto. Questo evidentemente determina una vera e propria dipendenza dalle grandi multinazionali che detengono e gestiscono questo monopolio con effetti potenzialmente devastanti sui principi di libero scambio e trasparenza dei mercati, fattori che a loro volta garantiscono in ultima istanza la nostra libertà, visto e considerato che si parla di una particolare categoria di prodotti, ovvero quelli alimentari che ci assicurano la sopravvivenza.